lunedì 22 ottobre 2012

Carmagnola: energie rinnovabili?


In questi ultimi anni il territorio comunale è stato interessato da una serie di progetti per la realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Questi progetti sono stati accompagnati da un acceso dibattito tra la popolazione carmagnolese che si è interrogata a più riprese sull’opportunità della realizzazione degli impianti proposti. La presentazione dei progetti è avvenuta in un arco di tempo nel quale si sono succedute amministrazioni di diverso schieramento politico.



In ordine di tempo il primo progetto ha riguardato la realizzazione di un parco fotovoltaico su suolo agricolo nella frazione di Vallongo. In seguito alle perplessità espresse dalla cittadinanza, in particolare nel corso di un’assemblea pubblica tenuta presso al biblioteca comunale, ed alla delibera della giunta Surra che proibisce la realizzazione del fotovoltaico su terreni agricoli, il progetto è stato cambiato. La società proponente ha previsto infatti la realizzazione di un impianto su area degradata nei pressi della Teksid coerentemente con le linee guida della Regione Piemonte per gli impianti fotovoltaici a terra. A fine 2010, pochi mesi prima delle elezioni amministrative del 2011, è stato presentato il progetto della centrale a biogas a San Bernardo. La popolazione Legambiente e SEL si sono mobilitati per promuovere una discussione sull’effettiva rispondenza di questo tipo di impianti ai criteri di sostenibilità ambientale e per valutare l’opportunità di realizzare un impianto che comporta nuove emissioni in atmosfera (quelle dei mezzi pesanti che trasportano i prodotti agricoli e i liquami per la produzione del biogas e quelle derivanti dalla combustione del gas stesso) in un territorio caratterizzato da una ormai tristemente nota qualità dell’aria non certo eccellente. L’iter autorizzativo dell’impianto ha subito un arresto in seguito al ricorso al TAR presentato dalla neo-insediata giunta presieduta dal Sindaco Testa. , Risolte le criticità nella procedura di autorizzazione che avevano determinato l’accoglimento da parte del TAR delle istanze dell’amministrazione comunale, l’impianto a biogas è stato nuovamente autorizzato dalla Provincia. L’amministrazione di Carmagnola ha presentato un nuovo ricorso al TAR .
Di recente e in parallelo è giunta la notizia dell’autorizzazione alla realizzazione di un impianto a biomasse che dovrebbe essere costruito in prossimità della centrale di teleriscaldamento gestita dalla società Egea e sita nell’area produttiva di via Racconigi. A seguito di questa notizia, il gruppo di Legambiente di Carmagnola ha organizzato, lo scorso luglio, un incontro aperto alla popolazione, nel quale Gian Piero Godio, responsabile del settore energia di Legambiente per il Piemonte, ha efficacemente illustrato le potenziali contraddizioni, in termini di impatti sulla qualità dell’aria, connesse alla realizzazione di un simile impianto sul territorio di Carmagnola.
E’ bene precisare che questo succedersi di iniziative si inserisce in un contesto molto critico. Da un lato vi è la necessità, se non l’urgenza, di passare quanto prima dalla produzione di energia basata sulle fonti fossili (carbone, petrolio, metano ecc.) a fonti rinnovabili (sole, vento, biomasse) per invertire la tendenza all’aumento di anidride carbonica CO2 nell’atmosfera, così da prevenire (ma oggi è più corrette dire mitigare) le conseguenze dell’effetto serra e dei cambiamenti climatici. D’altro canto vi è la necessità, o meglio il dovere, di perseguire queste politiche in una vera ottica di sviluppo sostenibile. Per esempio non permettendo operazioni speculative a base di contributi statali (conto energia, certificati verdi, cip6) di cui godono le produzioni da fonti rinnovabili, ma perseguendo soluzioni coerenti con le politiche di riduzione delle emissioni di CO2 e con le criticità del territorio in cui sono inserite. In sintesi, anche se gli impianti citati costituiscono forme di produzione di energia da fonti rinnovabili, non è detto che se realizzati a Carmagnola rappresentino un modello di sviluppo sostenibile.
Ritornando al tema centrale a biogas e centrale a biomasse si rileva che in campagna elettorale molto era stato rimproverato all’amministrazione del Sindaco Surra per la mancanza di trasparenza nell’informare la popolazione circa il progetto, circa il suo iter autorizzativo con la relativa conferenza dei servizi in provincia e circa le possibilità per far valere le ragioni della popolazione locale. A pensare bene, nel caso della centrale a biomasse, sebbene sia in carica una nuova amministrazione, poco è cambiato in tema di informazione, partecipazione e condivisione del problema con i cittadini.
L’elemento che permette a questa tipologia di impianti di ricevere l’autorizzazione come impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili (in questo caso le biomasse o il biogas) è la modalità di gestione dell’energia prodotta. Questa energia è si elettrica, ma è anche termica. Per semplificare molto, l’energia generata dalla combustione delle biomasse o del biogas che fa azionare la “dinamo”, in parte è appunto convertita in elettricità, ma in parte è dispersa come calore. Secondo l’allegato 4 del Piano di Territoriale di Coordinamento della Provincia di Torino (PTC2), per essere autorizzati, questi impianti devono rispondere ai requisiti che permetto il riconoscimento di cogenerazione (elettricità più calore). Questi criteri sono soddisfatti in base al valore di due indici (IRE e LT) che sono calcolati in funzione delle caratteristiche tecniche dell’impianto. Per farla breve: un impianto è un definito di cogenerazione di energia elettrica e termica, se quest’ultima è ceduta per soddisfare le esigenze di altre utenze (ad esempio per riscaldare altre abitazioni); queste utenze, però, non possono comprendere le necessità specifiche dell’impianto (se la ditta che propone la centrale usa il calore per riscaldare gli uffici dell’impianto in inverno o per essiccare il digestato, non si tratta di un’utenza esterna, ma di autoconsumo). Questo discorso è legato al bilancio ambientale dell’impianto: per ogni impianto di cogenerazione la quantità di nuove emissioni (PM10, NOx, CO2 ecc.) deve essere inferiore alle emissioni evitate grazie alla rimozione delle varie caldaie delle abitazioni riscaldate con il calore ceduto dall’impianto stesso. Quindi, se un dato impianto presenta indici IRE e LT superiori a determinate soglie, questo bilancio è considerato positivo e, “teoricamente”, le nuove emissioni risultano inferiori a quelle evitate. Le centrali a biomasse e biogas sono state riconosciute come impianti di cogenerazione.
Domanda: quali sono le utenze esterne che hanno permesso di autorizzare l’impianto a biogas e quello a biomasse? Risposta: la centrale di teleriscaldamento gestita dalla società Egea spa. Nei documenti progettuali dei due impianti si legge che l’energia termica ceduta, quella che permette il riconoscimento come impianto di cogenerazione (quindi autorizzabile), è ceduta appunto al teleriscaldamento, che a sua volta ridurrebbe il consumo di metano (combustibile fossile attualmente utilizzato per scaldare l’acqua dell’impianto). Fin qui tutto bene e molto lodevole, ma … di quanto calore ha bisogno l’impianto di teleriscaldamento? Tanto. La domanda di energia termica, però, è maggiore d’inverno e minore d’estate. Così bassa in estate, che dal verbale di autorizzazione della centrale a biomasse risulta che il calore ceduto da questa all’impianto di teleriscaldamento è sufficiente a soddisfare la quasi totalità del fabbisogno estivo per la produzione di acqua calda (dichiarazione del rappresentante legale della società Egea spa).
Domande: se in estate la centrale a biomasse basta quasi da sola a far funzionare il teleriscaldamento, la centrale a biogas a chi cede il suo calore? Sarà un impianto di cogenerazione per sei mesi l’anno e per sei mesi una stufa per scaldare la campagna? Quale criterio è stato seguito per autorizzare l’impianto? Che posizione assume l’amministrazione in merito? Quale tipo di documentazione prova l’accordo tra la società che propone l’impianto a biogas e l’impianto di teleriscaldamento? Dai documenti di progetto non sembra emergere nessun contratto di fornitura.
Sarebbe inoltre importante sapere di quale potenza termica massima necessita l’impianto di teleriscaldamento, perché par di capire (ma pronti ad essere smentiti) che con la scusa di cedere calore alla struttura dell’Egea spa, chiunque può proporre una centrale a biomasse o biogas, vederla autorizzata, guadagnare dagli incentivi statali per la produzione di energia elettrica, regalare ai carmagnolesi nuove emissioni in atmosfera (movimentazione mezzi, combustione di biogas o biomasse), cedendo il calore della cogenerazione d’inverno al teleriscaldamento e poi, durante il resto dell’anno, usandolo per scaldare l’aria. E’ solo un’ipotesi, ovvio, ma leggermente inquietante.
Domande: come si pone l’amministrazione di fronte alle incongruenze pocanzi illustrate? Di quali strumenti si vuole dotare per far fronte a eventuali nuove proposte di installazione di impianti di cogenerazione sul territorio di Carmagnola? Esiste una visione organica nella mente degli amministratori sul tema delle fonti rinnovabili? E’ possibile sperare in un coinvolgimento della popolazione nelle recenti iniziative intraprese dall’amministrazione in tema di progetti di riqualificazione energetica urbana? E’ possibile chiedere che i contenuti dei piani di azione che scaturiscono dal Patto dei Sindaci siano generati in modo partecipato con assemblee popolari, magari capaci di esprimere competenze maggiori e utili a chi è chiamato ad amministrare? Infine, è possibile sapere se l’amministrazione sa se l’Egea spa ha in progetto la realizzazione di altri impianti di teleriscaldamento sul territorio di Carmagnola?
Una stanza di un edificio ottimamente riqualificato dal punto di vista energetico, può essere riscaldata con il solo calore delle persone che la occupano. Quindi prima di pensare a teleriscaldare abitazioni, uffici, edifici pubblici e privati poco o per nulla isolati, non sarebbe stato meglio focalizzare gli sforzi pubblici e privati in progetti di coibentazione e quindi nella riduzione della domanda di calore? Si ridurrebbero anche in quel modo le emissioni in atmosfera legate alla climatizzazione, con un bilancio netto “realmente” positivo e non solo sulla carta. Se una vasca perde perché ha un buco, non si versa più acqua, si tappa la falla. Sostenibilità non significa ottusa crescita della produzione di energia (anche se prodotta da fonti rinnovabili), ma prima di tutto razionalizzazione dei consumi, incremento dell’efficienza delle utenze, tutela di tutti gli aspetti ambientali e sociali (salute pubblica inclusa). E, soprattutto, buon senso.
Davide Murgese

Nessun commento:

Posta un commento